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Da: betsabea 
  Un etnoturismo responsabile è possibile?
[11-06-2007]  
Non sono una studiosa ma si è capito che mi interessano le cose che stanno ai margini dell’etno-antropologia e se vogliamo dell’etnomusicologia.
Mi ha illuminato un giorno Celati, che ironicamente (?) scrive: “ormai gli antropologi non hanno più molto da fare con le popolazioni primitive, qualche rara équipe insegue gli ultimi gruppi nelle foreste dell’amazzonia. Dunque perché non farla finita e non scegliersi un oggetto di studio meno deperibile come sono appunto i turisti? I turisti sono in crescita vertiginosa, hanno sviluppato un loro sistema di credenze, una mitologia molto complessa e, la cosa importante è che sono ormai un vero popolo”.
Nei miei interventi in questo forum cerco sempre di stimolare la discussione perché mi interessa capire l’impatto, la necessità, l’importanza e le conseguenze di tutti i fenomeni di spettacolarizzazione della tradizione coreutica musicale, che si fanno oggi al sud ad uso e consumo di una nuova “popolazione” di turisti: il turismo etnico è ormai una appetibile realtà economica.
Gli etnoturisti si muovono su e giù per lo stivale, secondo un calendario prestabilito, si riversano in massa a feste tradizionali, o a feste create appositamente per loro, tentando in buona fede il salto dalla dimensione dello svago a quella dell’esperienza, della riscoperta, dell’incontro.
Peccato che molto spesso questo incontro non c’è: troppo occupati a ballare, suonare, fotografare, registrare, troppo occupati a cogliere “l’esotico’ per accorgersi del vero, entrare realmente in contatto con identità locale. Colpa dei grandi numeri? Fatto sta che se da un lato si assiste ad un maggiore apprezzamento della nostra diversità culturale di “Terroni”, dall’altro non possiamo evitare che la breve e superficiale presentazione del nostro patrimonio culturale attraverso eventi organizzati porti alla fine a nuovi malintesi e stereotipizzazioni.
Secondo Marco Aime questo tipo di turismo è attraversato da almeno due paradossi: “l’impossibile ricerca dell’autenticità e lo spazio vuoto dell’incontro, la cosiddetta bolla ambientale”. Questa bolla è data dall’insieme di tutti gli sforzi che i mediatori (quelli che ci accolgono, quelli che organizzano, nonché le politiche delle ammistrazioni locali) operano “all’incontro”.

Insomma questo per dire che con questo topic non voglio “sparare addosso all’etnoturista" di cui peraltro spesso faccio anche parte, anzi spesso quello che mi interessa è capire le responsabilità di chi sta dall’altra parte, le comunità locali in quanto istituzioni, ma soprattutto gli umori delle persone che abitano stabilmente il territorio in relazione a questo “fiorire” di festival e rassegne varie.. Però, in vista dell’estate, anche tra gli etnoturisti varrebbe la pena di diffondere il famoso decalogo sul turismo responsabile dell’AITR (proprio come per chi si mette in viaggio verso altri continenti)… Si chiama Bel paese-Bel turismo e si scarica dall’area download di www.aitr.org


Ref.
Aime M., L’incontro mancato-turisti, nativi, immagini. Bollati Boringhieri, Torino, 2005.
AITR, Carta del “Bel Paese Buon Turismo”, 2002.
Celati G. Avventure in Africa, Feltrinelli, Milano, 1988.


Poi magari ne posto un po’..


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[16]   
Da: Pino Pontuali  
( )
  Re: Un etnoturismo responsabile è possibile?
[13-06-2007]  
"Cosa possono fare questi strani figuri per non fare la fine degli..........
e soprattutto
"Cosa si può fare per scongiurare lo sputtanamento delle poche "Feste" sopravvissute allo sterminio?"

Credo che l'atteggiamento possa essere nocuranza o rassegnazione. La società si evolve nonostante noi.

Sentir raccontare di quando le donne cantavano le canzoni "local-popolari" (narrative, stornelli, ecc.) mentre al lavatoio pubblico, magari d'inverno', lavavano i panni, con la pelle delle mani che si screpolava, ci sembra tanto una situazione romantica da conservare, invece oggi, con la lavatrice, la situazione è cambiata e nessuna di quelle donne vorrebbe tornare indietro.
Il contadino, che si rompeva la schiena con la zappa e con la vanga, oggi usa mezzi motorizzati per fare gli stessi lavori e ci maledirebbe se lo costringessimo di nuovo a quei lavori manuali.
Le feste erano funzionali a quella vita dura; è sintomatico che chi ha vissuto quella vita, ha cantato quelle canzoni e ha ballato quei balli oggi cerchi di dimenticare (almeno fina a quando scopre di venir monetizzato esibendo quella cultura).
Quindi si interessa alle tradizioni popolari solo chi quelle tradizioni non ha vissuto.

Tre anni or sono andai a Santa Fiora, sulle pendici del monte Amiata, per assistere alla festa della posa dell'albero del maggio (evento di antichissima tradizione) ed assistetti al trasporto, con un trattore, dell'albero ed alla sua erezione al centro della piazza. Con mio stupore non vidi nessun anziano cantore o musicista sottolineare l'evento, anzi mi colpì l'esiguo numero dei partecipanti (circa quindici persone) e la loro età media (circa cinquanta anni).
Alzando gli occhi alla sommità dell'albero capii di colpo : due bandiere sventolavano: sopra quella rossa con falce e martello e subito sotto quella arcobaleno.
La festa tradizionale del maggio era stata scippata dalla politica.

Le "feste di paese" erano veri momenti di aggregazione di cui si sentiva assoluto bisogno. Oggi, con il mutato sistema di comunicazione tra le persone (telefono, cellulare, giornali, televisione, internet, ecc.), è venuta meno la necessità della festa "di una volta".
Ecco pertanto che gli "avvoltoi" si appropriano dell'evento per scopi diversi (in genere economici) nel totale sacrosanto disinteresse di chi ne è stato partecipe evolutore.

Secondo me non c'è niente da salvare.
Noi stessi che militiamo per il recupero non delle tradizioni ma del modo con cui esse venivano trasmesse e/o celebrate, non ne siamo partecipi, ma osservatori esterni e come tali non possiamo far altro che osservare l'evoluzione della cultura popolare.
Qualsiasi tentativo di modificare questa evoluzione stravolge quel concetto a noi tanto caro: la tradizione.

Pino


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[17]   
Da: Avvocatista 
(Lucania)
  Re: Un etnoturismo responsabile è possib
[13-06-2007]  
Caro Pino,
il tuo pessimismo storico di meraviglia profondissimamente.

Io ti assicuro che le "Feste" esistono ancora.
Io ti assicuro che c'è ancora chi porta le serenate.

Io ti assicuro che esiste ancora chi ci crede, chi vive la Festa come manifestazione della propria spiritualità, dei misteri, della magia.

E non ti parlo di "sub-cultura" o di tribù isolate in Amazzonia, ma di intere comunità pienamente inserite nel 21° secolo.

Giovani che navigano su Internet e - contemporaneamente - festeggiano un Albero con lo stesso identico spirito dei loro padri, dei loro nonni... Senza falce e martello

Ma devi credermi sulla parola, dal momento che non ho nessuna intenzione di svelare dove e quando si svolgono queste "Feste".

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[18]   
Da: kukurni 
(mberlaterra)
  Re: Un etnoturismo responsabile è possib
[13-06-2007]  
oggi accade che ai funerali si battano le mani.
è un fatto pur strano, non credete?
si battono le mani a teatro! si battono le mani quando un atleta taglia il traguardo.....ad eventi che ci coinvolgono e ci fanno partecipi di un successo, una riuscita, ad esempio di un....salvataggio!
eppure oggi si battono le mani anche ai funerali!
che senso ha questo gesto? che cosa esprime?
una risposta cattiva: l'arrivo di una bella eredità!!hahahhhaha

forse allora si potrebbe tentare di ripensare a tutte queste cose proprio in un modo diverso, dove il cambiamento rappresenta forse un aspetto non proprio edificante, ma segnala comunque la sopravvivenza di uno stato emotivo, di un significato che ancora ha una sua forza ed un suo senso, mediato, modulato da un vivere che comunque è ormai cambiato.
stiamo parlando forse dello scarto fra significato e significante?
personalmente vivo uno sdoppiamento.
da una parte vorrei che le cose potessero rimanere con il loro sano profumo del passato, dall'altra la consapevolezza che la riproposta, la rilettura comunque contribuisca a che le cose non vadano perdute.

infine appare all'orizzonte second life che propone ancora una altra alternativa: il mondo del omni-possibile!
e betsabea che ben ha colto tutto ciò, ci invita a muoverci in fretta in questo fantastico iper-uranio dove forse si potrebbe.............chissà?!




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[19]   
Da: betsabea 
  Re: Un etnoturismo responsabile è possibile?
[13-06-2007]  
Sai Avvocatista, a volte con questi "viaggi" si pensa di poter abbandonare, anche se per poco, il proprio retroterra culturale ed economico, di uscire dai modi quotidiani e frettolosi per immergersi in un contesto diverso, con l’illusione di partecipare ad un evento irripetibile. Si va verso il mito di un antico modello di rapporti umani tra le persone che però spesso si infrange contro una realtà meno idilliaca. L’incontro, per definizione, coinvolge due persone che si interessano l’uno dell’altro. Mi sembra che ormai i visitatori delle feste sono considerati dai locali come spettatori di passaggio con cui diventa impossibile intrecciare relazioni sociali. Non c’è scambio né legame perché tutto questo richiede del tempo, è il tempo che non abbiamo. L’identità individuale stessa del visitatore scompare nella moltitudine e nella fretta…
Di ritorno da una festa per prima cosa mi chiedo: ma il mio coinvolgimento emotivo trova un equivalente nei pensieri delle persone che mi hanno ospitato? È ovvio che ci piace pensare che gli incontri che facciamo siano importanti anche per chi ci ha conosciuto, che abbiamo lasciato loro qualcosa. Ma spesso al nostro slancio non corrisponde un altrettanto intenso da parte degli altri.
Ecco in questo caso qualcosa non ha funzionato in quelli che erano i miei propositi..

Per fortuna a volte l’incontro accade..
: )


ps. oooooooooooooh finalmente una persona di buon senso! sarai ospite alle mie feste su second life (è obbligatorio lo smoking, ops il gilet di capra..)


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[20]   
Da: Pino Pontuali  
( )
  Re: Un etnoturismo responsabile è possibile?
[14-06-2007]  
Caro Avvocatista, forse non mi sono spiegato bene.
Sono concorde con te e non sono pessimista.
Anche se ci rode un po', fai bene a non svelare le feste vere ed anch'io conosco manofestazioni tradizionali che non cito nel tentativo di salvarle. Nell'alto Lazio ci sono schiere di ragazzi under trenta che "poeteggiano in ottava rima, cantano stornelli ed altro.
Quando dico che non c'è niente da salvare intendo che non dovremmo attivare nessuna procedura per operare il salvataggio. Si salva un evento tradizionale "ignorandolo", ovvero non pubblicizzandolo. Quando ci si imbatte in una festa "autentica" ci si deve comportare da "viandanti" senza interferire, oppure, come fa intendere Bet, lasciarsi coinvolgere senza però poi troncare i legami che inevitabilmente si intrecciano con quella comunità. Quei legami contribuiranno alla naturale evoluzione della società.

Debbo ringraziare chi propone argomenti così complessi perchè, anche se non si risolverà il questito di fondo, si arricchirà la possibilità di analisi e conoscenza di chi partecipa o semplicemente legge gli interventi di questo forum.

Ciao
Pino

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[21]   
Da: betsabea 
  Re: Un etnoturismo responsabile è possibile?
[14-06-2007]  
però mi sa che abbiamo messo troppa carne al fuoco... : )
Al di là dell’ etnoturismo di massa, che io considero una transizione commerciale qualunque e di cui voglio parlare pure, ma dopo, adesso mi piacerebbe sapere qualcosa sulle nostre-vostre esperienze, e suggestioni..
Chi viaggia verso “la tradizione” si alimenta della nostalgia del passato non si muove verso una realtà tangibile come quando si vanno a visitare monumenti, non si tratta di una esperienza estetica che ha una certa rapidità di fruizione, ma di una esperienza culturale che va cercata nel rapporto con le persone (gli anziani, soprattutto, e la loro memoria) e che quindi ha bisogno di tempo.
C’è un popolo da identificare, con tutte le sue tradizioni e i suoi costumi, è vero… ma me sembra che nonostante cerchi di andare a fondo nelle cose, di cogliere in tanta ricchezza almeno qualche aspetto parziale, ma forte.. alla fine torno a casa chiedendomi se non sono stata solo un “consumatore di immagini” (e poi magari una volta tornato divento io stessa un “produttore di immagini”, ad uso e consumo mio e degli altri..). E c'è di più: parto sapendo già cosa voglio vedere ed evito il resto (il “moderno”), ma così facendo concorro a perpetuare un modello stereotipato che già avevo in mente: quello del “vecchio suonatore tradizionale”, della “festa contadina”, ecc. estraniandoli dal loro contesto attuale..
Insomma capitano anche a voi questi tipi di rimorso?


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[22]   
Da: betsabea 
  Re: Un etnoturismo responsabile è possibile?
[14-06-2007]  
O che bello mi sono clonata! Alfò pensaci tuuuuuuuuuuuuuuu

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