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[11-06-2007, a  14:41]
Un etnoturismo responsabile è possibile?
Non sono una studiosa ma si è capito che mi interessano le cose che stanno ai margini dell’etno-antropologia e se vogliamo dell’etnomusicologia.
Mi ha illuminato un giorno Celati, che ironicamente (?) scrive: “ormai gli antropologi non hanno più molto da fare con le popolazioni primitive, qualche rara équipe insegue gli ultimi gruppi nelle foreste dell’amazzonia. Dunque perché non farla finita e non scegliersi un oggetto di studio meno deperibile come sono appunto i turisti? I turisti sono in crescita vertiginosa, hanno sviluppato un loro sistema di credenze, una mitologia molto complessa e, la cosa importante è che sono ormai un vero popolo”.
Nei miei interventi in questo forum cerco sempre di stimolare la discussione perché mi interessa capire l’impatto, la necessità, l’importanza e le conseguenze di tutti i fenomeni di spettacolarizzazione della tradizione coreutica musicale, che si fanno oggi al sud ad uso e consumo di una nuova “popolazione” di turisti: il turismo etnico è ormai una appetibile realtà economica.
Gli etnoturisti si muovono su e giù per lo stivale, secondo un calendario prestabilito, si riversano in massa a feste tradizionali, o a feste create appositamente per loro, tentando in buona fede il salto dalla dimensione dello svago a quella dell’esperienza, della riscoperta, dell’incontro.
Peccato che molto spesso questo incontro non c’è: troppo occupati a ballare, suonare, fotografare, registrare, troppo occupati a cogliere “l’esotico’ per accorgersi del vero, entrare realmente in contatto con identità locale. Colpa dei grandi numeri? Fatto sta che se da un lato si assiste ad un maggiore apprezzamento della nostra diversità culturale di “Terroni”, dall’altro non possiamo evitare che la breve e superficiale presentazione del nostro patrimonio culturale attraverso eventi organizzati porti alla fine a nuovi malintesi e stereotipizzazioni.
Secondo Marco Aime questo tipo di turismo è attraversato da almeno due paradossi: “l’impossibile ricerca dell’autenticità e lo spazio vuoto dell’incontro, la cosiddetta bolla ambientale”. Questa bolla è data dall’insieme di tutti gli sforzi che i mediatori (quelli che ci accolgono, quelli che organizzano, nonché le politiche delle ammistrazioni locali) operano “all’incontro”.

Insomma questo per dire che con questo topic non voglio “sparare addosso all’etnoturista" di cui peraltro spesso faccio anche parte, anzi spesso quello che mi interessa è capire le responsabilità di chi sta dall’altra parte, le comunità locali in quanto istituzioni, ma soprattutto gli umori delle persone che abitano stabilmente il territorio in relazione a questo “fiorire” di festival e rassegne varie.. Però, in vista dell’estate, anche tra gli etnoturisti varrebbe la pena di diffondere il famoso decalogo sul turismo responsabile dell’AITR (proprio come per chi si mette in viaggio verso altri continenti)… Si chiama Bel paese-Bel turismo e si scarica dall’area download di www.aitr.org


Ref.
Aime M., L’incontro mancato-turisti, nativi, immagini. Bollati Boringhieri, Torino, 2005.
AITR, Carta del “Bel Paese Buon Turismo”, 2002.
Celati G. Avventure in Africa, Feltrinelli, Milano, 1988.


Poi magari ne posto un po’..

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