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Stai rispondendo al messaggio di: giancarlo petti
[06-11-2007, a  09:55]
Re: Il costo degli strumenti popolari
Relativamente alla necessità di contenere i prezzi degli strumenti tradizionali, sono in totale sintonia con il pensiero di Alfonso per diversi motivi, primo fra i quali la necessità di contribuire, anche in questa maniera, alla conservazione ed al perpetuarsi della tradizione.
Perchè questo possa avvenire è necessario interessare i giovani, incuriosendoli e stimolandoli, offrendo loro la possibilità di confrontarsi, di provare, di verificare quanto e come è possibile rapportarsi ad una realtà culturale ancora viva, seppur minacciata da pericoli diversi.
Bisogna offrire loro i mezzi per farlo: il repertorio e gli strumenti per poter “ri-proporre” e “proporre”.
Ecco quindi la necessità della testimonianza, dell’esempio, del mettere a disposizione anni di esperienza e di ricerca.
Questo vale per tutta la tradizione orale, per i canti, per le danze ed anche per le musiche su cui cantare e/o ballare, in breve per tutto ciò che chiamiamo “cultura popolare”.
E’ necessario quindi dare la possibilità a tutti di poter “provare” quegli strumenti che spesso non hanno un prezzo molto “popolare”.
Non si possono chiedere cifre esorbitanti per qualcosa che, diciamolo pure, spesso può essere realizzato, costruito, assemblato (e non prodotto), per poche decine di euro.
Purtroppo nel corso degli anni, dopo aver speso un patrimonio, per comprare organetti, zampogne, fisarmoniche, chitarre, flauti, mi sono reso conto che gli strumenti tradizionali diventavano sempre meno tradizionali (prodotti quasi in serie) ed il loro prezzo diventava sempre più esagerato.
Tutto questo era assurdo: il costo elevato allontanava il curioso, il giovane, l’appassionato e a rimetterci, oltre al perpetuarsi della tradizione, erano gli stessi costruttori.
Un’ancia di plastica, non può costare trenta o quaranta euro: la si realizza in dieci minuti, spendendo meno di 10 centesimi, una ciaramella non può costare centocinquanta euro, un flauto non può costare cento euro!
Per carità, non voglio suscitare l’ira di chi con questi lavori ci vive, però vorrei ricordare a tutti che è possibile vivere dignitosamente ed onestamente del proprio lavoro, qualunque esso sia, senza approfittare dell’ingenuità o delle passioni altrui.
La mia esperienza personale mi ha spinto ad imparare a costruire qualcosa da solo: quell’auto-costruzione degli strumenti di cui parlava Alfonso, che spesso in passato era una delle caratteristiche degli strumenti tradizionali, realizzati dal suonatore stesso.
Certo non è pensabile che tutti si mettano a realizzare ance, ciaramelle, chitarre e flauti, però sarebbe bello, che chi ne fa uso, almeno una volta, si cimentasse a farlo e che chi le sa fare, mettesse a disposizione di tutti le proprie capacità, senza speculazioni di carattere economico.
Il costo elevato è quindi un ostacolo alla diffusione ed al perpetuarsi della tradizione.
Bisogna scongiurare il pericolo e dare la possibilità a tutti di confrontarsi con le origini, di riscoprire le loro radici, di conoscere delle realtà vicine a noi, ma semisconosciute, che presto potrebbero sparire, forse anche a causa delle richieste troppo esose per uno strumento musicale.
E’ così che nasce quella che l’amico Avvocatista, chiama la mia “filosofia”, cioè la maniera di porsi davanti a questo tipo di problematiche, che poi indirettamente riflette quello che è lo stile di vita di una persona.
Il fatto di aver deciso un giorno, di regalare quello che meglio sono capace di fare e cioè flauti di canna, ma anche ance e qualche ciaramella o tamorra (dopo averla comprate) mi permette di tener viva la tradizione del loro uso, la conoscenza di uno strumento, nel caso dei flauti, che molti sono costretti a pagare anche ottanta-cento euro.
Capita anche che i miei famigliari, forse un pò risentiti, perchè si vedono sottratto del tempo ed i miei amici che, come me, spendono un sacco di soldi per pagare gli strumenti che compriamo, spesso dicono “devi finire di regalarli!”. Ma io non sono un mercante e poi vuoi mettere la soddisfazione di vedere brillare gli occhi di un bambino o di un appassionato, che spesso è come un bambino, quando riceve il tanto desiderato strumento!
Perché non facciamo qualcosa perché questa “filosofia” si estenda, nel limite del possibile, anche ad altre persone?
Avvocatista … che ne dici? Secondo te si potrebbe far qualcosa?

Saluti, Giancarlo.

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