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IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[17-07-2007]
nella Festa la Comunità ri-propone il proporsi della
divinità. Il divino, che si è già proposto, viene
ri-proposto nel rito, il quale cade una volta l'anno
per ricordare il proporsi della divinità, e per
distinguersi da quell'atto.
Non si festeggia il divino nel mentre esso si propone,
mentre appare. La ri-proposizione della divinità
avviene solo una volta l'anno attraverso la festa (che
pare avere la stessa radice di "faustum") benefica. La
festa, nel ri-proporre l'Autorità "benefica" del
divino (apparso una volta), richiama e ricorda il
proporsi di quello, il suo manifestarsi; e lo
ri-propone, affinché con-porti benefìci alla comunità:
la festa come evento "faustum".
Nel festeggiare la Comunità si auto-procura nuovamente
un beneficio.
La festa è anche un "costringere" la divinità a
ri-manifestarsi, a mostrarsi ancora una volta, come la
prima, in modo benefico. La statua del Santo, che
appare in processione, ricorda e ri-manifesta la
divinità, rimandando ad Essa.
La festa è la ri-proposizione di un'Autorità benefica
attraverso procedure ed oggetti codificate e
riconosciute dalla Comunità che festeggia (musica,
strumenti musicali, pasti, balli, giochi, processioni,
commercio, etc).
Il festival (festival nazionali e locali, sagre, rave,
incontri, etc) non richiama né rimanda ad alcuna
Autorità, non richiama alcun evento universale già
accaduto, non augura alla Comunità alcun beneficio. Ed
anzi non presuppone una Comunità. Nel festival
convengono una moltitudine di singolarità, di
particolarità, per ciascuno delle quali l'incontro è
un mezzo per il solo piacere individuale. Il festival
esalta gli oggetti che nella Festa esaltavano la
Divinità. Il festival presuppone degli oggetti che si
propongono nella loro molteplice gamma, tutti in pari
condizioni; la festa presuppone un vertice che unisce:
il Particolare unico, ed al quale si unisce, la
Comunità. Nel festival si offrono al consumo gli
oggetti che si "offrivano" al divino nella festa.
Il fine del festival, dunque, rispetto a quello
"festivo" è un fine di "seconda mano", poiché è la
pro-posizione di una ri-proposizione.
Nella fenomenologia "festiva" del divino gli oggetti
sono posti a corolla della riproposizione, che è il <<
punto focale >>, il Particolare dell'intero evento.
Nel Festival, invece, è l'oggetto che si propone:
l'evento dal disvelamento del Sacro si muta in
Spettacolo, come individuale "visione" per ciascun
convenuto. E' possibile un paragone con le opere
architettoniche: mentre gli "oggetti" sono abbandonati
all'isolamento casuale nel puro spazio incapaci di
rimandarsi, e dallo spazio astratto traggono la loro
sola Dimensione cartesiana ed ogni possibilità di
interrelazione; al contrario il Cielo, la Terra e le
Opere architettoniche con-struiscono lo spazio
medesimo operando attraverso il Riferimento. Di qui
l'Architettura è l'organizzazione dello spazio, la
collocazione di un po-sto differenziato che im-pone
una particolarità.
Re: IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[17-07-2007]
Se ho capito bene, tu intravedi una distanza abissale tra Festa religiosa e Festival "moderni".
Su questo punto sono pienamente d'accordo, ma rilevo numerose sfumature che dipendono dai soggetti in campo:
> Festa religiosa "autoctona" (patronale, mariana, ecc...)
> Festa religiosa "autoctona" di origine pagana, ma cristianizzata
> Festa religiosa "autoctona" di origine cristiana
> Festa religiosa "eteroctona" (natale, pasqua, ecc...)
> Festeggiamenti per i cicli della natura o del lavoro (raccolto, vendemmia, ecc...)
> Sagre, Fiere, ecc...
> Festival
Anche all'interno dei festival ci sono, poi, delle differenze
> Festival derivati/fondati da/su elementi autocnoti (Scapoli/zampogna, Carpino/musica popolare di Carpino, ecc...)
> Festival fondati su logiche puramente commerciali (omissis)
Re: Il Rito: dalla Festa al Festival
[17-07-2007]
...sì, certamente vi sono molti aspetti, ma se nella Festa gli oggetti sono di supporto ed a corona, nel Festival gli oggetti diventano il centro (Festival della Zampogna, Sagra del cotechino, etc, etc).
Sia ben chiaro: chi mi conosce sa che io ho una posizione laica: ognuno può organizzare quello che vuole, su ciò che vuole e quando vuole; suonare quello che vuole con gli strumenti che vuole. Ho posto questo argomento solo come mera discussione su un piano sociologico ed antropologico.
Re: IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[18-07-2007]
"nella Festa la Comunità ri-propone il proporsi della divinità" ecc. sono molto daccordo con quello che dite, aggiungo un elemento ancora di differenza.
nella festa la Comunità nel ri-proporre va oltre, si riconosce e coloro che ne fanno parte si riconoscono nello "accadere". il "sacro" o la "sacralità" stanno proprio in questa "epifania", ossia nel significato stesso di quello che si fa o si va a fare e sono il segno, il riconoscimento di chi partecipa come parte del tutto, del gruppo, della comunità.
infatti a volte ancora oggi è possibile in alcuni contesti incontrare gruppi di donne/uomini che supportano altri, in genere donne, che con il gesto "chiedono la grazia". Si esprime così la coesione sociale piuttosto che la separatezza. e tutti: gli "oranti", i musicisti, coloro che cantano, che ballano, che guardano, che seguono, che officiano, si fondono in una unità, un corpo, che pulsa all'unisono. Si potrebbe ancora proseguire analizzando in questi contesti il senso del cibo e del vino offerto e "compartito", una "com-unione" che riporta a cose antichissime!
voglio dire che nella festa, e nel suo variare nel tempo e nelle persone, esiste una dimensione forte ed importante che segna la comunità e la distingue e la ri-aggrega. Alla fine ne garantisce la forza ed il senso al di là del tempo e del mutamento. e serve alla comunità per ritrovarsi, riconoscersi nonostante il cambiamento. non solo, questa ri-aggregazione ha una funzione terapeutica, una valenza di cura che è elemento fondante della coesione della comunità in quanto tale!
e se così fosse, allora si potrebbe aprire un altro post! che senso ha ballare questo tipo di balli sul palco? che senso ha parlare di ballerine/ballerini in questo ambito? e ballare non è ancora una altra forma di "com-unione"?
Il festival al contrario vive dell'immediato e non è tanto portatore di elementi di identità e di riconoscimento,
bensì di una fruizione che tende verso un soddisfacimento diretto e che si completa nel momento stesso in cui accade. ma forse il festival in quanto tale svolge una sua funzione di catalizzatore ad una domanda forte da parte soprattutto dei giovani ed indica una possibile strada?
Re: IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[19-07-2007]
Secondo me sono due cose totalmente diverse, non vendovi il nesso non capisco perchè chi ha scritto (le referenze. le referenze... please!) si sia preso la briga di accostarle..
Per caso c'è un nesso tra un Festival jazz e la festa della madonna di Polsi?
No.
E allora non vedo perchè debba esserci con un festival di musica tradizionale.. è la stessa identica cosa (significato-struttura-finalità etc.) solo che cambia il genere musicale..
poi i riti non c'entrano niente del tutto..
Se poi la ricerca entnoantrocacchia deve rivolgersi ai "nuovi" riti, come si è voluto fare col neotarantismo, allora qualunque sabato da sballo in discoteca è un rito del genere..
: )
Re: IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[19-07-2007]
No Bet l'argomento è pertinente.
Difatti in un festival di musica etnica ,a differenza che in discoteca,viene riproposta,a volte...,una struttura musicale che ancora conserva una chiara e definita connotazione sacra/rituale.
Mi spiego meglio,la stessa tammurriata eseguita sù di un palco,è la stessa come struttura musicale, passi e formule di quella ,in un modo o nell'altro,agita di fronte ad un Santuario in determinati giorni dell'anno.
Mi è di conforto pensare che tali espressioni musicali,private delle formule più strettamente rituali,venivano utilizzate anche per il solo scopo ludico in altre occasioni(comunque aventi alla base un immaginario rituale relativo al passaggio) come matrimoni o altre festività private.
Immaginiamoci un buon festival insomma come un rito ludico,una festa laica,dove viene Riproposta una forma musicale che più di altre ci appartiene e ci idetifica.
Andando così ad assolvere uno dei compiti più significativi di questo linguaggio,e cioè La condivisione partecipata delle emozioni.
sicondo me eh
Re: IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[19-07-2007]
non sono d'accordo.. : )
Un festival è un festival musicale e basta, al di là della struttura musicale, il "riunirsi per vedere un concerto" non ha niente di sacro e rituale su cui fare considerazioni etnoantropologiche (se non quelle del significato in se delle riunioni di questo tipo: come quelle delle harley davinson...).
Così come il teatro è teatro e anche quando inscena un rito, non è il rito..
Re: IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[19-07-2007]
infatti diciamo la stessa cosa....il festival è un festival e basta.....il dato di interesse è che in questo festival vengono riproposte dele forme che una volta facevano parte di un rito...allora me la vendi la lira 5 euro?guarda che faccio un affare.Fossi in te non mi farei sfuggire l'occasione di farmelo fare...pò fà tu
Re: IL RITO: DALLA FESTA AL FESTIVAL
[22-07-2007]
ok riportiamo il discorso sui suoi binari..
Non vorrei sembrare una che taglia corto (poi guarda che combinazione sto appena finendo di leggere "I riti di passaggio" di Van Gennept..) ma non sono solita farmi domande a cui non c'è risposta.
Parlo spessissimo con gente che organizza festival anche da lustri, sono tutti disincantati su quello che fanno. Almeno quanto spesso noi ne siamo incantati.. : )
I riti e le feste per fortuna sopravvivono e a me sinceramente interessano quelli (preservare quelli), dei festival non mi frega una cippa.. : )