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Vecchie nenie
[15-01-2008]
L'altro giorno mi veniva in mente una vecchia nenia che mia madre mi cantava. Faceva cosi':" maccheroni, maccheroni quanto mai sarete boni. C'era un medico napoletano ch'era tanto rinomato.....ecc.". Qualcuno la ricorda? Come continua?
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Re: Vecchie nenie
[22-03-2012]
Non ho una buona memoria, e ricordo molto poco di quando ero piccola, ma qualcosa è tornato in mente anche a me da quando ho due birbe che scorrazzano per casa.
Ho in comune con alcuni di voi "sedia sediola", "coccia pelata con sette capelli" ed una versione leggermente di versa da quella del post n°65... la mia faceva così:
Pimpirulin piangeva
voleva mezza mela,
la mamma non l'aveva
e Pimpirulin piangeva.
A mezzanotte in punto
passava un'aereoplano
e sotto c'era scritto:
Pimpirulin stà zitto!
Ricordo che mia madre recitava questa filastrocca a mio fratello, ogni volta che faceva i capricci... La ripeteva più volte, poi la recitavo anche io insieme a lei ridendo... e alla fine mio fratello smetteva di fare i capricci e recitava anche lui la filastrocca insieme a noi...
Un'altra filastrocca ci veniva raccontata al momento di andare a letto e recitava così:
Lucciola lucciola vieni da me
ti darò un pan da re
pan da re e da regina
lucciola lucciola vieni vicina.
Una cosa che ci faceva ridere molto era quando ci prendevano una mano facendoci tenere il palmo rivolto verso l'alto, ricordo che mia zia ce lo faceva spesso; con due dita "camminava" sul palmo della nostra mano recitando:
Questa è una bella piazza
ci passa una pupazza
ci passa una pecorella
che fa be bee beee beeee beeeeeee
e con l'ultima frase le dita "correvano" lungo il braccio fino ad arrivare a farci il solletico sotto l'ascella... anche le mie bimbe ci si divertono tantissimo!
C'era poi una canzoncina, che io associo sempre ai lunghi viaggi in macchina (non andavamo mai tanto lontano, ma a me quei "viaggi" sembravano interminabili...), e recitava così:
Un elefante si dondolava
sopra il filo di una ragnatela
e ritenendo la cosa interessante
andò a chiamare un altro elefante.
Due elefanti si dondolavano
sopra il filo di una ragnatela
e ritenendo la cosa interessante
andarono a chiamare un altro elefante.
Tre elefanti si dondolavano
sopra il filo di una ragnatela
e ritenendo la cosa interessante
andarono a chiamare un altro elefante.
...e così via... io e mio fratello perdevamo spesso il conto, e allora si ricominciava da capo...
In ultimo, chi di voi non ha mai fatto la "conta" con questa?
Ammaramà ciccì coccò
tre galline sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore
il dottore si ammalò
ammaramà ciccì coccò
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Re: Vecchie nenie
[18-01-2013]
A Bracciano (RM), dove sono nato, questo gioco si faceva fino a circa 60 anni fa e si chiamava "salta la mula".
Ci si divideva in due squadre. La squadra che per prima impersonava la mula metteva una persona in piedi, appoggiata con la schiena a un palo o a un albero o ad un muro, a fare la testa della mula. Tutti i suoi compagni di squadra si disponevano uno dietro all'altro, piegati a 90°, con la faccia rivolta a terra e la schiena piegata parallela al terreno. Ciascuno teneva con le braccia i fianchi del compagno che lo precedeva. Il primo della fila teneva i fianchi di quello che era in piedi, appoggiato al palo o all'albero. Si formava così una lunga fila di schiene che partiva dalla persona appoggiata all'albero.
I giocatori dell'altra squadra, uno alla volta, dovevano saltare a cavallina sopra la mula, spostandosi poi in avanti lungo le schiene degli avversari, verso la testa della mula, per far spazio ai compagni di squadra che dovevano ancora saltare.
Lo scopo di questa squadra era quello di collocare più giocatori possibili sulla mula (se qualcuno scivolava dalla mula e cadeva, non poteva risalirci sopra, causando una penalità alla propria squadra). Una volta che tutti avevano saltato, la mula doveva reggere il peso di coloro che stavano in groppa senza rompersi per il tempo necessario affinché chi era sopra avesse avuto il tempo di dire:"Tre tre giù giù, tre tre giù giù, tre tre giù giù; ce vengo e ce ritorno, ce vengo e ce ritorno, ce vengo e ce ritorno un'altra volta". Nel caso che chi stava sotto cedeva per il peso doveva stare sotto anche la volta successiva.
Si faceva poi cambio: chi faceva la mula ora saltava e chi saltava diventava la mula.
Vince la squadra che dà vita alla mula più resistente.
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Re: Vecchie nenie
[20-01-2013]
Cari amici di alfonsotoscano.it,
leggendo le parole di Pino Pontuali mi è venuto in mente un gioco che facevamo in quarta elementare (1991) in cerchio, gioco che con alcune varianti i bambini delle elementari qui a Martina, per quello che ho potuto vedere io, si fa ancora oggi. Ci si mette in cerchio, ogni bambino tiene con la mano destra la sinistra del bambino alla sua destra, e battono a turno il palmo su questa mano (ricorda un po' l'effetto domino). Mentre si passa di mano in mano tutto il cerchio recita la seguente filastrocca:
"C'è un pon pin
popolin popolànschi
po po lìn, po po lìn, po po là!
Acadèmi solfàri, solfàri,
bim bum, BAM!"
Al "bim bum bàm" l'ultimo bambino che ha avuto la mano destra battuta dal compagno alla sinistra afferra saldamente la mano sinistra del compagno alla sua destra. Se riesce a dire "bàm!" e a battere la sua mano sinistra sul palmo di detto bambino vince, e il bambino colpito esce dal cerchio. Se il bambino alla sua destra riesce a divincolare la mano dalla presa del compagno, in modo che chi dice "bàm" colpisce sè stesso, è quest'ultimo ad uscire dal cerchio. Le liti che succedevano...
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Re: Vecchie nenie
[20-01-2013]
Per terminare la risposta a Montasio, ammetto che la memoria non assiste nemmeno al sottoscritto, però cercando sul web ho trovato la descrizione di una versione del gioco:
Estratto dal sito molto interessante sui giochi del xx secolo:
http://www.cartesio-episteme.net/giochi.pdf
"Il gioco dei salti più praticato era allora «Uno monta la luna».
Per le fasi preliminari ricalca il precedente. Conta, scelta di chi si doveva mettere «sotto» ma non più fuori del marciapiedi e sempre nello stesso punto per tutto il gioco.
I saltatori dovevano pronunciare delle frasi e compiere dei gesti ad ogni salto. Quindici erano i salti e altrettante le frasi e il resto. Proviamo a ricostruirli tutti, anche se per alcuni resta il dubbio sulla successione e sulla esatta denominazione.
Uno, monta la luna - salto normale
Due, er bue - salto normale
Tre, la fija der re - salto normale
Quattro, la lametta si raccoglie - al salto doveva seguire immediatamente la raccolta di qualcosa precedentemente sistemata al di là del saltato
Cinque, er cioccolato - saltando si doveva dare una sculacciata a chi stava sotto Sei, er carcetto in c. - nel saltare si doveva dare un calcio nel sedere del saltato Sette, i piomboni - nel saltare, anziché poggiare sulla schiena di chi stava sotto le palme delle mani, si dovevano chiudere i pugni
Otto, l'incrociatore - si doveva arrivare alla fine del salto con i piedi incrociati Nove, la fija der re fa le prove - salto normale
Dieci, pasta e ceci - salto normale
Undici, li tamburini - nel saltare bisognava battere più volte le mani aperte sulla schiena del saltato
Dodici, i tamburini parteno - si ripeteva il salto precedente con l'aggiunta di pacche sulla schiena del paziente amico piegato
Tredici, la sgujata - nel saltare si doveva cadere di peso sul povero «sotto»
Quattordici, me preparo - prima del salto si faceva finta di sistemare un po' qualcosa
Quindici, me la squajo - si saltava e si doveva rimanere in cerchio vicino al saltato. Appena l'ultimo aveva terminato di saltare si doveva scappare perché il «sotto» per liberarsi cercava di acchiappare qualche compagno. Chi veniva preso doveva mettersi sotto, altrimenti toccava di nuovo al precedente."
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