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Torna all'elenco argomenti | Messaggi | Mercoledi 24 Aprile 2024

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[20-03-2011, a  15:32]
Re: la vera tradizione popolare in calabria
Evviva Alessio:


"Di seguito la nota diffusa da Alessio Bressi:

Concordo con il Nucera sul sostegno da offrire a cori e bande, ma è grave che nel 2011 si proponga una legge di tutela e valorizzazione dei gruppi folcloristici. È grave anzitutto per motivi “culturali”. Provo a spiegare perché. È vero che in anni di forte disprezzo verso la cultura contadina, e di radicali cambiamenti delle forme di vita tradizionali, la nascita dei gruppi folcloristici ha consentito a molti “suonatori” calabresi di ricreare momenti conviviali legati al “suonare insieme”. Ma è altrettanto vero che questi gruppi hanno sempre espresso la forma più degradata e bassamente spettacolare della tradizione, mortificando di fatto la stessa immagine di chi ad essi prendeva parte solo per amore della propria cultura. L’attenzione che oggi la politica rivolge a questi fenomeni testimonia che quel disprezzo atavico per la tradizione è ancora vivo. Sostenendo i gruppi folcloristici, infatti, si continua a dimenticare e a far dimenticare cosa è stata in Calabria la musica di tradizione orale. L’opera di etnomusicologi del calibro di Alan Lomax e Diego Carpitella ha dimostrato, attraverso un immensa raccolta di materiale documentario, frutto di una ricerca scientifica sul campo, che la Calabria è la regione che possiede uno dei patrimoni etnomusicali più ricchi al mondo. Da questi studi si evince che il suono, il canto e il ballo tradizionali manifestavano in passato una forte valenza culturale e sociale. Era il modo attraverso cui i componenti di una comunità esprimevano i propri conflitti, le proprie ansie, i propri desideri, le proprie devozioni. Suono e ballo erano espressione di un linguaggio che garantiva la costruzione dello spazio comunitario e il consolidamento delle regole del vivere insieme. Inoltre i suoni e il ballo hanno consentito a molti emigrati calabresi di ricostruire altrove un senso di appartenenza al paese, che altrimenti sarebbe andato completamente perduto. Al contrario oggi la musica sembra aver completamente smarrito la sua funzione socializzante. Sicché con costumi, orpelli estetici e stilemi musicali vagamente ripresi da una tradizione sempre più “rappresentata” e sempre meno “vissuta”, i gruppi folcloristici si limitano a veicolare l’“immagine” di una calabresità “tarallucci e vino”. Essi non fanno altro che scopiazzare una falsa tradizione fatta soprattutto di valzerini, quadriglie e canzonette d’autore, il tutto condito da coreografie che adescano oramai soltanto la curiosità di qualche annoiato turista vacanziero, frequentatore estivo di sagre della patata.
La tradizione musicale calabrese è tutt’altro e per fortuna è in parte ancora viva. Lo è nel sentimento di giovani e anziani suonatori che non hanno bisogno di finanziamenti pubblici per tradurre in suono la cultura che hanno ricevuto in dono dalla loro comunità.
La speranza è che la commissione esaminatrice, il prossimo 23 marzo, prima di approvare tale legge, si passi una mano sulla coscienza. Si sappia almeno che sostenere i gruppi folcloristici con fondi pubblici non significa valorizzare la tradizione, ma alimentare ciò che Pasolini aveva definito, con lungimiranza, il genocidio della cultura contadina. ALessio Bressi."



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