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[26-06-2008, a  14:45]
Re: Compiti per le vacanze
Caro Maestro Tiziano,
ti prego nel giudizio di tenere presente che qui il sole picchia, la sera si fa sempre molto tardi e fare i compiti è più dura che in altri luoghi..
Questo è il mio compito, svolto fresco fresco proprio stamattina..

Tema: il chiàpparo

Dalle mie parti crescono i capperi che da noi li chiamano chjàppari e naturalmente crescono selvatici e decidono loro come e dove farlo.

I chjappari entrano negli ingredienti di molte pietanze mediterranee e sono uno degli ingredienti essenziali in una pietanza molto rappresentativa della cucina cilentana: le mulignane ‘a scarpetta.

Per questo motivo quando viene giugno un po’ tutti li raccolgono, o per meglio dire li vanno raccogliendo, perché nessuno è mai riuscito a domarli, coltivarli, trapiantarli, e quindi bisogna andare in giro a raccoglierli dove crescono, cioè: sui muri delle case abbandonate e non, sui muri a secco, sui cigli delle strade e nelle scarpate, in alcuni terreni pietrosi ecc..

Un buon raccoglitore riesce a racimolarne circa 1 kg in due ore di lavoro, escludendo il tempo che si impiega a trovare la pianta successiva. E’ consigliabile muoversi il più presto possibile e non più tardi delle 6 (del mattino) per diversi motivi

-il caldo: spesso a giugno il sole picchia già alle 8 del mattino e dopo due ore di ricerca e qualche chilometro di strada è facile trovarsi già a quell’ora disidratati e immersi in un bagno di sudore

-le spine: i chjappari sono ricchi di spine, piccolissime e molto particolari, spine che al mattino presto sono quasi tenere perché ammorbidite dall’acquata (rugiada notturna), ma appena il sole si alza le spine tendono ad indurirsi e incurvarsi sempre di più trasformandosi in ami che non perdonano e straziano mani e gambe come unghiate di gatti, anche perché queste spine sono orientate in modo da contrastare le raccolta del chjàpparo cioè tirando il chiàpparo si viene agganciati dall’amo..,

anche per questo motivo i chjàppari non si tirano ma si spezza il prucìno (picciuolo) prendendolo fra l’indice e l’unghia del pollice.

E’ consigliabile nonostante il caldo un abbigliamento leggerissimo ma che tenga coperte gambe e braccia perché già a quell’ora del mattino vi troverete a lavorare fianco a fianco con intere squadre di “operai”: lucertole, bisce e serpenti che come i chjàppari prediligono i luoghi pietrosi, api e bombi che lavorano all’impollinazione, cimici e pidocchi, formichine fameliche che succhiano la clorofilla dei getti, coccinelle gialle o rosse a pois neri, grilli, e certi insetti del medesimo colore e gradazione dei chjappari grossi e cicciotti come noci, che sembrano appena usciti dal pennello di Botero.

Il chiàpparo non è altro che il bocciolo del fiore, è verde come le tutta la pianta e più è piccolo e più è pregiato, quando sta per fiorire è bello grande e vira sul violaceo, anche se a questo stadio è ancora chiuso non conviene raccoglierlo perché una volta messo in acqua e sale per la conza (concia) sboccerà e si disferà rischiando di danneggiare tutta la conserva. Non conviene raccogliere i boccioli che stanno per aprirsi anche perché i chiàppari che (non raccolti) riescono ad aprirsi in fiore, forniranno dopo almeno una decina di giorni un “bambolotto”, che non è altro che il pistillo ingrossato, cioè il frutto del chiàpparo, che pur presentandosi sotto forma di un grazioso barilotto ha lo stesso sapore e consistenza del chjàpparo e pertanto viene anch’esso inserito nel raccolto, anzi ne costituisce un pregio. Fonti attendibili mi riferiscono che questi “bambolotti” vengono serviti e sono molto apprezzati nel nord e in tutti quei luoghi “inn” dove accompagnano un rito quotidiano qui sconosciuto (in quanto inutile a queste latitudini.. dove la fame è atavica), il rito dell’aperitivo.

I bambolotti se non vengono raccolti diventano grandi come una noce e conservano nel loro interno una grande quantità di semi, a questo punto qui dicono che non sono più buoni da consumare, invece mi è capitato di trovarli in vendita come prelibatezza a Campobasso durante una fiera in cui si concentrano una discreta rappresentanza di rivenditori di strani e dimenticati “cibi da strada”.

Il raccolto viene sciacquato in acqua corrente e messo per 24 ore in acqua e sale, poi secondo i gusti:

- viene scolato, delicatamente spremuto e riposto in barattoli di vetro cospargendo di sale grosso a strati
- viene scolato e riposto in barattoli di vetro cospargendo di sale a strati e aggiungendo acqua fino a coprirli

in ambedue i casi per assicurarsi che rimangano ben pressati (si conservano tranquillamente due anni) viene posta sulla bocca del barattolo un ciottolo discoidale di opportune dimensioni, come se ne trovano facilmente in questo mare.

Il primo metodo di conservazione è più indicato per le confezioni destinate a formare “omaggio” ad amici e parenti in quanto conservano il verde originale inalterato ed appaiono alla vista belle verdi e “ricche” di sale, il secondo metodo è più adatto per una conservazione per uso proprio in quanto ci vuole meno sale e il contenuto del vasetto tende a scurire ma senza alterare le proprietà organolettiche

La raccolta termina inesorabilmente ad agosto, quando tutti i capperi non raccolti sbocciano e producono quindi il bambolotto che poi si ingrosserà e seccherà al sole, spargendo i semi dove capita, di solito nella scarpata sottostante

Allego qualche foto presa durante il raccolto di stamattina:
un bel fiore di cappero con tanto di stami, si vede anche la capoccetta verde del pistillo già lievemente ingrossato, quello che poi andrà a diventare il frutto,
sullo stesso rametto si vedono alcuni chjàpperi in condizioni ottimali per il raccolto{{img:-1679437898}}

qui si vede meglio il fiore con il pistillo centrale che ingrossandosi darà vita al frutto{{img:-1081932033}}

ecco il pistillo ingrossato fino ad avere dimensioni ottimali per la raccolta{{img:1729189076}}

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