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[15-01-2008, a 19:33]
Re: Sfida all'ultimo stornello "DUE"
L'uccisione del maiale
Al mio paese, invece, l'uccisone
E' praticata usando un lungo chiodo.
Nel cuore del suino un "pugnalone"
vien fatto penetrare, ad ogni modo,
chi non possiede tanta precisione,
riduce quella bestia un colabrodo.
A questo rito tanto concitato,
partecipa commosso il vicinato.
Il pelo con la paglia vien bruciato,
lavato con mattone ed acqua fresca,
a testa sottosopra è sollevato,
aperto, perchè il sangue fuoriesca,
questo nelle budella vien versato,
bollito alla caldaia gigantesca.
Lo si conosce come sanguinaccio,
legato sopra e sotto con un laccio.
A mezziogiorno il porco, poveraccio,
è diventato carne da macello.
Dovendo rispettare il canovaccio,
s'ingaggia col maiale un bel duello,
si tagliano col grosso coltellaccio,
pezzi di carne e cotti sul fornello.
Si mangia poco a pranzo, "alla leggera",
s'aspetterà la cena della sera.
Chi beve Sangiovese e chi Barbera,
chi, invece, beve il vino paesano,
si mette su la vecchia caffettiera,
si taglia, quindi in modo grossolano,
di fegato, "l'apparratura" intera,
per le salsiccie da insaccare a mano.
A questo punto incombe sulla scena,
chi viene incaricato per la cena.
Farina di granturco, non d'avena,
bisogna rispettar la tradizione,
la pentola attaccata alla catena,
per la cottura al fuoco del tizzone,
un'ora è necessaria, piena piena,
per cuocere un perfetto polentone,
condito con il sugo d'animelle,
si mangia e poi si beve a crepapelle.
Stornelli a squarciagola e saltarelle,
si canta e balla al suon dell'organetto,
si fa la corte a le madamigelle,
strofette per amore e per dispetto,
c'è chi fa la scarpetta alle padelle,
chi beve ancora l'ultimo goccetto.
Infine un inno al porco poveraccio,
col contributo d'un poeta a braccio.
Peppino di Rosa (PdR)
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